Autore: Stefano Ceccatelli
Chi, come il sottoscritto, ha cominciato a interessarsi più
da vicino alle problematiche che sottintendono al mondo dell'economia,
a quello della politica e a quello dei mass-media (di vecchia
e di nuova generazione), non può fare a meno di sperimentare
un forte disagio. La parola "disagio" è anzi
qui un vero e proprio eufemismo, tanto è profondo e radicato
il malessere che ci avvolge soltanto sfiorando i problemi connessi
ai campi suddetti. La prima reazione, istintiva, è quella
di chiudere il libro o di spegnere il televisore. Ma sappiamo
bene che non si risolve niente con la politica dello struzzo.
Perciò è necessario perseverare. Una buona soluzione
può essere vedere uno spettacolo di comici come Beppe Grillo
o di Roberto Benigni, che hanno il raro dono di informare e far
riflettere le persone pur facendole ridere.
L'umorismo è davvero un grande dono dato allo spirito umano.
Insegnavano già gli antichi ebrei che il "comico"
non è affatto "un segno di allegria, ma se mai
all'opposto di un bisogno di essa."1 Basti pensare
all'umorismo di Charlot, dei fratelli Marx, di Woody Allen, di
Jerry Lewis, o alle innumerevoli "storielle ebraiche".
Altri studiano. E anche lo studio, messo al servizio del bene
comune, è una grande risorsa nelle mani dell'uomo, come
la storia ci ha sempre mostrato.
Sull'ultimo numero di "Nuova umanità"2, una rivista
culturale alla quale sono da anni abbonato, e che apprezzo per
la documentazione rigorosa che fornisce e per la vasta prospettiva
interdisciplinare, ho trovato tre brevi saggi che cercano, ognuno
dal proprio punto di vista, di rispondere affermativamente alla
domanda posta nel titolo di questo articolo.
Sì, coniugare l'etica, un'etica "globale" come
richiesto da un mondo globalizzato, con i "mondi" dell'economia,
della politica e dei media, è possibile. Purchè
davvero lo si voglia. E' una questione di volontà, ed in
primo luogo di volontà politica. E' questione di cambiare
stili di vita.3 Forse servono nuovi strumenti di lotta, strumenti
non violenti.4 Ma non c'è più tempo da perdere.5
Per dirla con De Gregori, basta con l'andazzo per cui "sotto
gli occhi della fraternità, la libertà tortura la
democrazia".
Non mi dilungo, e consiglio di entrare subito "in medias
res".
Qui di seguito fornisco un resoconto del contenuto dei tre articolie
buona lettura!
DEBITO ESTERO. CENNI STORICI E SPUNTI PER LA RICERCA DI SOLUZIONI
DAL PUNTO DI VISTA GIURIDICO di Alberto Barlocci
Una parte sostanziale delle risorse monetarie dei paesi del
Terzo Mondo è destinata annualmente al pagamento degli
interessi del loro debito estero, che nonostante abbia assorbito
esorbitanti somme, negli ultimi 20 anni si è quadruplicato.
Si tratta di un importante freno allo sviluppo e un vero e proprio
strumento di controllo politico da parte del Primo Mondo, attraverso
enti come il Fondo Monetario Internazionale e la Banca Mondiale,
che determinano e influenzano le politiche economiche di governi
deboli sulla base di criteri ideologici, attraverso un sistema
di funzionamento poco trasparente e non democratico. L'origine
e la storia del debito estero rivelano gravi anomalie giuridiche,
che ne minano la legittimità e indicano la necessità
di una risposta prima politica e poi giuridica. La società
civile può essere un attore essenziale per questa presa
di coscienza sociale e politica.
COME LA RETE STA CAMBIANDO IL NOSTRO MODO DI COMUNICARE. UN'ANALISI
PSICOLOGICA DELLE COMUNITA' VIRTUALI di Monica Piccoli
Sempre più la Rete informatica è utilizzata
come strumento di comunicazione interpersonale. L'articolo si
propone di approfondire dal punto di vista psicologico quali sono
le caratteristiche e le dinamiche specifiche del mondo virtuale
e quali i bisogni umani a cui può rispondere la Rete, per
poter comprendere i vantaggi ma anche i limiti di questa modalità
comunicativa. Partendo dal concetto di comunicazione intesa come
scambio, come capacità di entrare in relazione con altre
persone, sono stati esplicitati alcuni dei fattori che possono
contribuire a d educarci alla vita su internet, rendendolo un'efficace
modalità per comunicare con gli altri.
LA DEMOCRAZIA DI PROSSIMITA' E IL PROCESSO DI INTEGRAZIONE
EUROPEA di Fernanda Bruno
Il rafforzamento delle autonomie territoriali all'interno
degli Stati membri dell'Unione europea ha determinato un'apertura,
pur lenta, alle istanze degli enti substatali anche a livello
comunitario. L'autrice si sofferma sul lento e faticoso ingresso
delle autonomie regionali e locali nello scenario europeo (dal
Trattato di Maastricht al Progetto di Trattato che adotta una
Costituzione per l'Europa), offrendo qualche spunto di riflessione
sulle risposte che la cosiddetta "democrazia di prossimità"
può dare alla costruzione di una Costituzione europea che
non sia frutto di elaborazioni meramente concettuali.