Autore: Stefano Ceccatelli
Viviamo tempi difficili qua in Italia. Non da ora. Per chi
lavora nella scuola un indicatore importante è dato dalle
competenze scientifiche dei nostri alunni delle medie superiori.
In questo campo è evidente da anni una debacle nel rendimento
dei nostri studenti, una vera e propria caduta verticale nella
resa delle materie teoriche ed in particolare della matematica,
scienza astratta per eccellenza.
La classifica per nazioni stilata, anno dopo anno, dall'OCSE,
ci mette infatti agli ultimi posti fra i paesi industrializzati.
Sono molti i fattori, tutti legati fra loro, che contribuiscono
all'attuale disfatta: non mi soffermo nell'analisi ma è
impossibile non citare almeno la progressiva difficoltà
degli studenti a concentrarsi, l'influenza della tv, l'abitudine
allo zapping, il mancato ricambio generazionale fra i docenti
e, soprattutto, l'aridità di formule e calcoli numerici
sentiti così lontani dalla vita.
Sembrerebbero situazioni senza via d'uscita.
Eppure io credo che qualcosa fin d'ora si potrebbe fare. Già
adesso i professori delle nostre scuole, se solo lo volessero,
potrebbero cominciare a far qualcosa di concreto per suscitare
l'interesse dei loro allievi.
Gli insegnanti di matematica potrebbero senz'altro far leva, già
con i bambini piccoli, sulla bellezza misteriosa che caratterizza
la loro importante disciplina.
Mi limiterò ad un esempio: già nel Medioevo il
matematico pisano Luigi Fibonacci, colui che per primo tradusse
in latino la matematica araba, si era accorto di una particolare
serie di numeri, conosciuta oggi con il suo nome. La serie di
Fibonacci mostra che, addizionando di seguito i due termini adiacenti
non si ottiene soltanto un'arida progressione di numeri (1,1,2,3,5,8,13,21,34,55,89,144,233
e così via). Il quoziente di due numeri adiacenti della
stessa sequenza ci porta a scoprire un numero, il numero phi,:
esso è 1,6180 che meglio si esprime con 5/2+1/2.
Tale numero, è ormai comprovato, si rivela onnipresente
in natura: è phi il rapporto esistente in una conchiglia
fra i diametri di due spire successive; è phi il rapporto
fra maschio e femmina in un alveare; è phi il rapporto
fra due spirali successive in un seme di girasole; è phi
il rapporto fra la nostra altezza e la distanza dell'ombelico
da terra; e le corrispondenze naturali potrebbero continuare con
i petali dei fiori, le infiorescenze delle margherite, la disposizione
dei semi delle pigne
E perché fermarsi alla serie di Fibonacci? Personalmente
non ne sono capace ma amici competenti mi informano che la matematica
dei "frattali" si incontra molto spesso in natura: nei
fiocchi di neve ad esempio, o nella particolare morfologia delle
rocce.
E salendo a difficoltà sempre maggiori, leggo di un fisico
fra i più brillanti oggi in circolazione, Garrett Lisi,
il quale afferma che "la bellezza matematica descrive la
verità fino ai suoi livelli più piccoli".
Tutto questo affascina necessariamente: è un segnale di armonia che echeggia dall'universo, una "divina proporzione" che sembra evocare un Infinito forse più vicino a noi di quanto sembri.
Credo che esempi di questo tipo sarebbero utili a risvegliare
nei nostri ragazzi quella passione per la matematica che in Italia
è latitante da molti anni. Ma sarebbe fondamentale che
fossero i ragazzi stessi a ricavare dall'esperienza, magari in
laboratorio, la reale onnipresenza in natura delle varie combinazioni
matematiche.
Il buon esempio in Italia ci viene da Andrea Fogari, il diciassettenne
di Gorizia che ha vinto le recenti Olimpiadi italiane della Matematica
e che rappresenterà i nostri colori ai giochi olimpici
mondiali. Ha dichiarato, il nostro Andrea, di amare la matematica
"perché lo aiuta a capire come funziona il mondo".
Al di là dei talenti di ognuno, questa semplice frase dimostra
che Andrea, e penso tanti altri giovani come lui, ha avuto dei
validi maestri.
Sono tutte iniezioni di ottimismo e di speranza nel futuro.
"La bellezza salverà il mondo", diceva Fedor
Dostoevskij e io credo che questo sia vero.
Ma servono una cultura, una scuola, una didattica rinnovate per
riportare d'attualità la bellezza.
Non la bellezza esibita ed ostentata sulle riviste patinate di
moda e negli spettacoli televisivi, ma la bellezza nascosta.
Perchè c'è bellezza e bellezza e quella di cui
più si sente la mancanza al giorno d'oggi è la bellezza
interiore, invisibile agli organi di senso ma afferrabile con
l'intelligenza, con il cuore, con l'anima. C'è un diffuso
desiderio di bellezza: "Ogni epoca agogna a un mondo più
bello. Quanto più la disperazione e il dolore gravano sul
torbido presente, tanto più si fa intensa quella bramosia"
(Johan Huizinga).
Parlando di "nuova didattica" il pensiero corre a uno
dei più grandi matematici italiani del primo Novecento,
Giovanni Vailati, che nel 1906 (oltre cento anni fa!) vedeva già
chiaramente "l'assurdità didattica, igienica e psicologica"
di costringere i nostri studenti " a rimanere inchiodati,
in media per cinque ore al giorno, durante anni interi, sui banchi
di scuola". I suoi colleghi, adulti, studiosi, insegnanti
avrebbero respinto "con terrore la proposta di impegnarsi,
anche solo per una settimana, ad assistere a tre conferenze al
giorno, l'una dopo l'altra", perfino se si fosse trattato
di argomenti molto interessanti.
Io credo che queste frasi del nostro genio matematico, ma anche
grande pedagogista, siano ancora profondamente attuali.
Eppure per adesso, a livello politico e sindacale, il fattore-tempo,
lo studio dei ritmi di apprendimento, la necessità delle
pause fra un impegno e un altro, viene giudicato in Italia inutile
ed inopportuno.
In un prossimo articolo della nostra rivista comunicherò
esperienze di rinnovamento della didattica che, in altri paesi,
più coraggiosi del nostro sotto questo profilo, stanno
invece già attuando con successo nuove tecniche di insegnamento.
"Città Nuova", 20, 2007 (C. Ciancianaini)
e "Città Nuova", 4,2008 (G.Meazzini)
"Psicologia dell'educazione e della formazione", Erickson,
7-2 9/2005 (R.Drago), p.249
"Internazionale", 742, 1/5/2008 p.45