SCIENZA E POTERE POLITICO: IL CASO DEL CALENDARIO
AUTORE: STEFANO CECCATELLI
Le notizie apparse nelle ultime settimane sulla stampa mi confermano
nell'opinione che c'è ancora tanto da fare per una Rivista
come la nostra che, sia detto per inciso, diventa mese dopo mese
più bella e più ricca di voci competenti, fatto
che non può che rallegrare chi persegue l'obiettivo di
fare una seria divulgazione scientifica. "Mucca pazza",
"Uranio impoverito", sono solo due esempi recenti, fra
i tanti che si potrebbero fare, di scienza strumentalizzata,
asservita agli interessi di pochi personaggi senza scrupoli che
la sfruttano per affari per niente trasparenti. Un triste paradosso
se si pensa che la scienza moderna era nata per l'uomo e doveva
rimanere legata al popolo (chi ha tempo si legga la Vita di
Galileo di B.Brecht, una delle opere fondamentali della cultura
del secolo che si è appena concluso, cioè dell'epoca
contrassegnata dallo spalancarsi di una paurosa frattura fra
progresso scientifico e progresso sociale).
Mentre stavo facendo le suddette considerazioni, mi è
venuta in mente la storia di uno strumento che ci è tanto
familiare: il nostro Calendario. Noi diamo per scontato che il
Calendario debba essere alla portata di tutti ma, di fatto, non
è sempre stato così. Quella del Calendario è
una storia altamente istruttiva per quel che concerne il rapporto,
molto spesso burrascoso, fra scienza e potere politico, e
pertanto mi dispongo a raccontarla.
Nel 304 a.C., un esponente della plebe, Gneo Flavio, autore
di un formulario di procedure giudiziarie che porta il suo nome:
"Ius Flavianum", riuscì a rubare una copia del
codici che permettevano di conoscere il Calendario e a metterla
in mostra in pieno Foro Romano affinché tutti potessero
avere il privilegio di conoscere le date del Calendario.
Al tempo di Gneo Flavio erano stati fatti grandi passi avanti
sulla via dell'uguaglianza fra patrizi e plebei; tant'è
vero che nel 451 a.C. una commissione di cittadini, i decemviri,
aveva scritto ed esposto le famose 12 Tavole (la base di tutte
le leggi romane) e introdotto con ciò il principio che
la legge vale per tutti. Nonostante questi grandi progressi il
Calendario restava un privilegio di pochi: era un segreto che
costituiva un potente strumento di governo. Il Calendario
infatti stabiliva i "dies fasti" cioè i giorni
in cui era lecito occuparsi di affari giudiziari e burocratici.
L'elenco dei "dies fasti" era controllato da chi deteneva
il potere, gli aristocratici e i sacerdoti; soltanto loro conoscevano
il programma costantemente variabile di giorni in cui era "fas"
cioè lecito, corretto, permesso, occuparsi di atti ufficialmente
validi. Chi conosceva i "dies Fasti" aveva un enorme
vantaggio su chi come mercanti, plebei e cittadini non nobili
quelle date non poteva conoscere.
Gneo Flavio vinse la prima battaglia. Non la guerra. Infatti
i patrizi mantennero l'importante prerogativa di esercitare il
controllo dei giorni e addirittura dei mesi supplementari, che
era continuamente necessario inserire nel Calendario perché
questo non risultasse altrimenti ben presto sfasato rispetto all'arrivo
delle stagioni (siccome l'anno era allora di soli 355 giorni lo
sfasamento tra data di Calendario e clima diventava a tutti evidente
dopo poco più di 18 anni!). Erano quindi indispensabili
nuove regole, ma queste rimasero prerogativa dei potenti di turno,
che spesso "dimenticavano" di applicarle; infatti l'inserimento
o meno di un mese supplementare permetteva di allungare un mandato
o di ridurlo. In sostanza uno strumento per sua natura universale
come il Calendario veniva utilizzato per interessi personali.
Quando Giulio Cesare torno' a Roma dall'Egitto nel 46 a.C.
scoprì che i molti abusi, uniti alle continue oscillazioni,
avevano portato a una grande confusione nel Calendario romano.
Giulio Cesare stabilì che quell'anno avrebbe dovuto essere
l' "Ultimus Annus Confusionis".
Con le calende di Ianuarius (gennaio) dell'anno 45 a.C. i Romani
ebbero a loro disposizione un Calendario totalmente rinnovato:
il Calendario con 365 giorni più un anno bisestile ogni
quattro anni (detto Giuliano in onore del suo fondatore);
un Calendario, è questo il punto fondamentale, finalmente
sottratto agli abusi e alle decisioni segrete dei nobili e
dei sacerdoti.
La riforma del Calendario fu certamente il prodotto più
duraturo dell'attività di statista di Giulio Cesare; ormai
è assodato: è solo con lui che il Calendario
divenne un bene apprezzato, perché finalmente in fase con
le stagioni, ed accessibile a milioni di persone. Ne restavano
fuori gli schiavi, i contadini e i lavoratori analfabeti.
Per concludere una breve storia del Calendario cè ancora
da dire che il Calendario Giuliano restò in uso per circa
in millennio e mezzo, sostituito solo nel 1582 da quello ancor
oggi in vigore, usato dalla stragrande maggioranza dei sei miliardi
di abitanti della terra, il Calendario Gregoriano con 365 giorni
più uno ogni quattro anni e meno tre ogni quattrocento
anni. Si tratta in questo caso di uno strumento straordinariamente
preciso. Si pensi che uno sfasamento tra stagioni e data del Calendario
richiederebbe qualcosa come seicentodiecimila anni per accadere.
Alle origini di uno strumento scientifico così perfezionato,
la cui esattezza è destinata a durare nei millenni a venire,
c'è la perizia incredibile messa in atto dalla Chiesa Cattolica
per sincronizzare il più perfettamente possibile la
data del Calendario con l'esatta inclinazione dell'asse terrestre.
Che il Calendario Giuliano non fosse perfetto era già noto
ai Padri del Concilio di Nicea (325 d.C.) E' veramente straordinario
che fin da quei tempi lontani, quando ancora non si sapeva niente
dei moti terrestri, ci si preoccupasse tanto di ridurre al minimo
lo scarto tra la data dell'equinozio di primavera (che i Padri
di Nicea spostarono dal 25 al 21 marzo) e l'angolo di inclinazione
della terra rispetto al sole; ma c'era in gioco la data esatta
della Resurrezione di Gesù, che doveva cadere la prima
domenica successiva alla prima luna piena che segue l'equinozio
di primavera.
In milleseicento anni il Calendario Giuliano aveva subito un
ritardo di quasi due settimane rispetto alla corretta inclinazione
dell'asse terrestre
Ecco l'enorme valore della decisione presa da Papa Gregorio XIII
di anticipare di dieci giorni l'equinozio di primavera del 1582
(sottraendoli dal Calendario) e di stabilire per i millenni a
venire di sottrarre tre anni bisestili ogni quattro secoli. E
questo al fine di dare al Calendario che da lui prende il nome
una precisione veramente incredibile; si pensi che il Calendario
Gregoriano accumula un ritardo di appena 7 centesimi di secondo
al giorno.
La storia del Calendario è interessante anche per gli eccezionali
risultati raggiunti e chi volesse entrare nei particolari può
leggersi il bel libro di Antonino Zichichi intitolato L'irresistibile
fascino del tempo dove troverà anche un'accurata disamina
dei risultati raggiunti dalla fisica delle particelle subnucleari
riguardo allo studio del tempo. Ma il tema che a me stava più
a cuore è quello a cui ho accennato nella prima parte di
questo articolo relativo al rapporto fra scienza e potere politico.
Nell'attesa che anche la scienza moderna diventi un bene fruibile
ed apprezzato da tutti, perché fonte di progresso anche
in campo sociale, noi continuiamo la nostra opera di divulgazione
scientifica e andiamo avanti insieme.
Suggerimenti bibliografici
B.Brecht, Vita di Galileo, Einaudi, 1979
A. Zichichi, L'irresistibile fascino del tempo, Il Saggiatore,
2000