Il centro della città è diventato uno spazio
socialmente vuoto, il trionfo dell'economia turistica globale.
Così chiudono i tradizionali cinema, sostituiti da multisale
periferiche come Warner Village e Vis Pathé, spariscono
le librerie che non si siano convertite in supermercati del libro
e si cancellano le tracce delle varie forme di una vita di aggregazione
sociale. Anche il suolo è privatizzato, dato in gestione
a Firenzeparcheggi, una s.p.a. che non cura solo la sosta, ma
fornisce attraverso le multe una delle più interessanti
voci del bilancio comunale: il traffico privato con le sue violazioni
rappresenta una rendita su cui l'amministrazione sa di poter contare.
E inutilmente i fiorentini si domandano se davvero l'unico modo
di regolamentare il traffico sia quello di far pagare sempre di
più il suolo pubblico.
"Pubblico" lo spazio del centro di Firenze non è
più anche in altri modi, sia perché letteralmente
privatizzato in piazze e strade occupate da tavolini e sedie dove
solo pagando si può sostare (e non si cerchino panchine
o fontane per una pausa che esca dagli itinerari del consumo),
sia perché la città tutta è consumata attraverso
dinamiche di una transitorietà sempre più breve.
I fiorentini se ne vanno
E i residenti? Quelli che resistono nei quartieri tradizionali
come l'Oltrarno o Santa Croce combattono con il caro-vita e disagi
di vario genere (e infatti si sono sviluppate nuove forme di cittadinanza
attiva che fanno pressione sull'amministrazione e propongono soluzioni
alternative ai problemi del traffico, dell'inquinamento, del rumore),
ma in molte zone sono stati già in parte sostituiti a causa
delle ristrutturazioni di interi blocchi acquistati da grandi
immobiliari. E' la casa uno dei problemi più gravi. Il
mattone, si sa, tira ovunque e il costo degli immobili è
un problema nazionale, ma appunto per questo un'attenzione particolare
andrebbe prestata: qui c'è un bisogno di case popolari
testimoniato da 4200 famiglie in lista d'attesa e 7000 sfratti
esecutivi previsti nei prossimi 3 anni. Eppure, secondo i dati
dell'Unione Inquilini, sui 2900 nuovi alloggi in costruzione nel
territorio fiorentino solo 184, cioè meno dell'8%, saranno
case popolari. L'emergenza non viene affrontata nelle sue dimensioni
reali: al massimo si pensa ad affitti calmierati (che significa
più bassi del 20% rispetto ai folli prezzi di mercato)
e le case che si costruiscono rispondono più che altro
a esigenze speculative.
Come ovunque, lo smantellamento di enti pubblici e stabilimenti
industriali ha prodotto aree dismesse anche fuori dalla zona centrale,
ma in troppi casi non si sono trovate soluzioni rispondenti ai
bisogni della collettività: dall'uso della stazione Leopolda,
uno spazio elitario che per 11 mesi l'anno è in mano al
sistema Pitti Moda, alla fabbrica Longinotti convertita nell'ennesimo
contestatissimo centro commerciale, al cinema-teatro Apollo, il
più grande dei locali abbandonati la cui facciata d'epoca
proteggerà un insieme di appartamenti di lusso e un centro
commerciale, all'ex manicomio di San Salvi, il cui magnifico parco,
malgrado le proteste del Comitato Sansalvichipuò, verrà
snaturato dagli uffici della ASL e alloggi privati, alla Manifattura
Tabacchi il cui ancora incerto destino non lascia intravedere
spiragli per l'uso culturale e sociale che era stato proposto.
Vogliamo parlare di quello che si è deciso di costruire
ex novo? Vediamo allora l'operazione urbanistica più rilevante
degli ultimi anni: Castello, un'area al confine con il comune
di Sesto fiorentino, limitrofa all'aeroporto, acquistata a suo
tempo da SAI-Fondiaria e oggi definita dalla proprietà
"l'affare più interessante" sul territorio nazionale.
Un milione e trecentomila metri cubi di cemento con 1500 appartamenti
(di cui solo 158 ERP) e annesse una serie di funzioni miste che
trasformeranno l'area in una tardiva imitazione di "Milano
2". A quali bisogni risponde questa operazione? Perché
da molti è definita una scelta ambientale, urbanistica
e politica sbagliata? E' semplice. Perché sul piano ambientale
va a costruire massicciamente nell'unico corridoio ecologico rimasto
tra le colline e l'Arno. Perché non c'è affatto
richiesta di tanti immobili di livello medio-alto. Perché
il Comune ha firmato una convenzione con la proprietà (che
questa sia incarnata nella persona di Salvatore Ligresti illumina
l'operazione di una luce sinistra) dalla quale non ricava altro
che i puri e semplici oneri di urbanizzazione dovuti. Come a dire,
il guadagno sarà in tutto e per tutto del privato e non
della collettività. E poi: chi ci andrà, a occupare
i nuovi edifici adibiti a spazi non abitativi? Gli uffici della
Provincia, si dice, o forse della Regione, che non hanno affatto
l'urgenza di dover cambiare sede, ma così garantiranno
al pregiudicato Ligresti di non aver investito a vuoto.
Sette chilometri di tunnel
In una città che Legambiente colloca al 71° posto
per qualità dell'ambiente urbano e al 64° per inquinamento
da MP10 e dove il problema del traffico non è mai stato
affrontato seriamente, si è ora dato il via, con anni di
ritardo, ai lavori per la costruzione del primo tratto della tramvia.
Opera meritoria, perché va nella direzione virtuosa di
sostituire il trasposrto pubblico su rotaia a quello privato (anche
se si è scelto di far passare il tracciato attraverso il
parco delle Cascine con conseguente cementificazione delle rive
dell'Arno). Ma se il trasposto pubblico va incentivato, come l'amministrazione
continua a ripetere, perché si sceglie di andare esattamente
nella direzione opposta con il più grande progetto viario
dell'area fiorentina, il famigerato "tubone"? Si tratta
di una circonvallazione di circa 7 km, per buona parte interrati,
che dall'uscita autostradale di Firenze sud dovrebbe sbucare a
Castello forando le colline di Fiesole e Settignano.
Chi semina strade, reccoglie traffico
Avversato da ambientalisti, comitati, forze politiche di sinistra,
corrisponde a quelle grandi opere che piacciono tanto al ministro
Lunardi, e che oltre a smuovere cifre da capogiro e risultare
devastanti sul piano ambientale, sono inefficaci: come ci dice
la più avanzata letteratura in materia, in molti casi le
grandi strade di scorrimento non servono a "snellire"
il traffico semplicemente perché, al contrario, lo fanno
aumentare. Ma tener conto di queste analisi significherebbe seguire
un'altra idea di sviluppo che prevede la riduzione dei consumi
energetici nel rispetto di un equilibrio ambientale e sociale,
un'idea sostenuta di recente da quella sinistra solidale che ha
inaspettatamente mandato al ballottaggio il candidato del centrosinistra.
Infatti la città ha reagito ai suoi tanti problemi non
solo con la critica e lo scontento per cui sono famosi i fiorentini,
ma anche con la vivacità di soggetti nuovi che praticano
forme diverse di riappropriazione dello spazio urbano, parti di
una città antagonista che resiste alle regole dominanti,
propone modi diversi di convivenza, attiva forme di conflitto
sociale e culturale. Oltre alla ricchissima esperienza del Social
Forum fiorentino, penso al Movimento di lotta per la casa che
nasce nel 1990 sull'onda dell'incapacità delle varie amministrazioni
di rispondere al bisogno abitativo, oggi più che mai punto
di riferimento cittadino per sfrattati, senza casa, immigrati,
e promotore della recente "Rete cittadina antisfratti"
a cui partecipano molti altri soggetti sociali e politici. Penso
ai Centri sociali autogestiti, luoghi di resistenza alle politiche
consolidate, spazi di elaborazione culturale e di creatività,
che hanno dato una risposta ai bisogni sempre più frustati
di aggregazione sociale. Oggi sono attivi il Centro popolare Firenze-sud,
nato nel 1989 con l'occupazione dell'ex-Longinotti, sgomberato
nel 2001 per la costruzione dell'ennesimo centro commerciale Coop,
e rinato dopo qualche giorno nei locali di una scuola in disuso
in via Villamagna; L'Ex-Emerson, nato nello stesso anno nel quartiere
di Novoli nella fabbrica abbandonata e riaperto, dopo lo sgombero
del 1993, in un ex- calzaturificio dismesso nella zona di Careggi;
e il Network, un soggetto di resistenza nato alla fine del 2000
con progetti di musica, teatro, fotografia, informatica e molto
altro che oggi, all'interno dell'area dismessa Elettro+, vive
precariamente negli spazi messi a disposizione dal Quartiere 4.
A queste pratiche di resistenza alle trasformazioni dominanti
della città, ai tanti comitati che propongono soluzioni
ambientali alternative, alle reti di movimenti, associazioni e
soggetti politici che si battono per spazi di vera accoglienza
e equità sociale, alle comunità di base come quella
delle Piagge di Alessandro Santoro, è affidata la possibilità
che Firenze si sottragga almeno in parte ai circuiti dell'imperativo
neoliberista per una modernità al cui centro sia posta
la persona e non il profitto.