Autore: Flavio Gori
In un punto che si trova nella località di Cercina troviamo
un poggio che appare forato con un ingresso a forma circolare
nella parte superiore, in pratica come l'ingresso di una galleria
ferroviaria. Ed in effetti proprio di una galleria ferroviaria
si tratta, quella detta di Pratolino, facente parte della linea
Faentina, che attraversa buona parte della parte est del gruppo
di monte Morello. Si tratta di una testimonianza risalente a varie
decine di anni fa e che ci parla della difficoltà con cui
le popolazioni del luogo si sono dovute scontrare per poter in
qualche modo avere ragione del gruppo montuoso. Molte leggende
sono arrivate sino ai nostri giorni relative a quello che avrebbe
celato questa galleria, in particolare riguardo a ciò che
sarebbe stato nascosto ai tempi della seconda guerra mondiale,
durante la lotta partigiana che spesso ha avuto monte Morello
come scenario locale di attività.
In questi ultimi mesi sono ripresi i lavori di sistemazione della
ferrovia ma notizie risalenti a qualche anno fa portano a considerare
del tutto false queste voci, almeno su quello che vi si sarebbe
dovuto trovare ai nostri giorni. Nel periodo di cui sopra non
c'era che qualche pipistrello, oltre ad una piccola vasca colma
d'acqua (di uno splendido color turchese) creatasi dalla luce
e dall'acqua piovana proveniente dal torrino che si trova a circa
metà strada della galleria e che si alza verso l'aria aperta
nella zona dietro a Ceppeto. Verso la fine della galleria in prossimità
di Fontebuona una frana, creava qualche problema nel giungere
all'uscita.
Questo per quanto concerne un aspetto sotterraneo della leggenda
intorno a Monte Morello, ma certamente la sua storia è
per lo più relativa a livelli ben più alti rispetto
al livello del mare.
Il gruppo montuoso che sorge intorno al monte Morello si trova
a poca distanza dalla città di Firenze e fa parte dei comuni
di Sesto Fiorentino, Vaglia e Calenzano. Le cime più alte
si trovano tutte intorno alle più importanti in assoluto
che sono Poggio all'Aia (m.934), Poggio Casaccia (m.921) e Poggio
Cornacchiaccia (m.892), rispettivamente la terza, prima e seconda
punta da sinistra a destra guardando dalla piana di Sesto Fiorentino.
Sulla sommità del Casaccia troviamo un' imponente croce
di ferro costruita su una base di cemento al centro della quale
si trova un punto geodetico posto dall'Istituto Geografico Militare.
Non è l'unico punto di riferimento a fini geodetico-cartografici
a trovarsi in questo gruppo, un altro si trova sul poggio all'Aia
su di una piccola croce di legno. Aveva un ruolo importante prima
della posa dell'altro punto sul Casaccia, meglio disposto per
il controllo visivo della vallata sottostante, compresa la città
di Firenze. Ancora un punto geodetico si trova sul tetto del ristorante
che si trova al piazzale Leonardo da Vinci il quale, non essendo
facilmente raggiungibile, è posto in essere con un punto
di riferimento (detto fuori centro) su cui eseguire i calcoli
nei pressi della porta d'ingresso del medesimo ristorante.
Anche sulla cima del monte Acuto si trova un prisma dell'IGM,
anche se ormai il suo stato di manutenzione non è tale
da poter permettere lavori geodetici e, d'altronde, la crescita
degli alberi nelle immediate vicinanze impedisce la vista al di
là di pochi metri. A poca distanza, sul lato destro di
questo prisma, è tuttora visibile quel che rimane di un
antico punto geodetico in pietra sempre dell'I.G.M. di Firenze.
Mentre verso il Mugello le quote si abbassano in modo progressivo
con altre colline, nella parte che guarda verso Sesto le cime
dei monti calano ripidamente verso il paese che, forse, è
abitato dalle persone più legate al monte sin dai tempi
più lontani. Le attività che i sestesi vi hanno
svolto non si esauriscono a quelle di carattere lavorativo nel
corso dei secoli, quando le varie vicissitudini hanno portato
a disboscare e rimboscare il monte per fini di carattere abitativo
e di commercio di legname in genere (specie nella città
di Firenze), portando il paesaggio a cambiare spesso ed altrettanto
facevano le attività dei popolani locali, costretti a passare
dall'allevamento e l'agricoltura con la produzione dell'ottimo
olio locale, al semplice commercio del legname, spesso a vantaggio
di un minor numero di abitanti.
Per un lunghissimo periodo di tempo l'intero gruppo montano è
stato di proprietà di una nota e potente famiglia sestese,
i Ginori creatori dell'alta tradizione ceramica del paese della
cintura fiorentina, mentre in questo secolo si è assistito
ad una progressiva e rapida dismissione della proprietà,
che ha portato ad un altrettanto progressivo cambiamento di destinazione
delle abitazioni, da luoghi abitati da agricoltori a case abitate
da persone impiegate in attività nella valle sottostante.
Per chi ammira il gruppo montuoso dalla parte sud, il monte appare
in tutto il suo splendore, coperto da una vegetazione rigogliosa
e fittissima. Ci sono due strade che permettono di avvicinarsi
alla sommità del monte Morello, una che arriva dalla via
Bolognese ed una dal Borgo di Morello; questa si trova alla congiunzione
di due arterie:una che vi giunge da Sesto, via Colonnata ed una
da Calenzano, via Baroncoli.
Chi percorre la via Bolognese, passata la località di Montorsoli
dovrà deviare sulla sinistra per iniziare la salita che
conduce verso la piccola chiesa di Ceppeto, nella cui piazzola
trovano posto numerosi fiorentini alla ricerca di svago e fresco
(in estate). Dal piazzale di Ceppeto partono due strade:la prima,
piccola e stretta, porta nella zona detta degli Scollini, a poca
distanza dalla fonte dei Seppi, ma passando dal lato di nord-est,
mentre l'altra, che è poi il proseguimento della principale,
continua per la strada che, sempre circondati da splendidi panorami
ed una splendida flora, conduce verso il piazzale Leonardo da
Vinci, dove abbiamo la possibilità di ammirare uno dei
migliori punti di osservazione a livello stradale verso l'intero
quadrante est-ovest, sud compreso. Poco sopra questo piazzale
si trovano anche numerosi ponti ripetitori di varie radio e tv,
che danno luogo ad uno spettacolo non del tutto edificante, anche
per come dimostrano di tenere di conto dell'ambiente circostante
alcuni manutentori.
Proseguendo la strada dopo poche centinaia di metri troviamo sulla
destra il piazzale della Fonte dei Seppi, ormai a ridosso
del monte Acuto e spesso preso d'assalto da un grande numero di
auto di appassionati delle attività all'aria aperta più
disparate: dai semplici camminatori, ai più "corsaioli"
sia a piedi che in bicicletta, agli innamorati dei panorami che
i vari sentieri di Morsello permettono di ammirare a tutti coloro
che si impegnano a percorrerli. In effetti dalla fonte dei Seppi
partono o si incrociano vari sentieri mantenuti in buone condizioni
dagli appassionati che si ritrovano riuniti nei gruppi di Gualdo
e del CAI di Sesto.
Nella maggior parte dei casi sono sentieri individuati tramite
numeri, salvo rari casi come quello detto "sentiero del pensionato"
creato e sottoposto a manutenzione da parte di un signore che
ha deciso di impegnare così parte del suo tempo libero
in modo da essere d'aiuto anche a tanti altri appassionati. Esso
parte dal Rifugio di Gualdo e porta al Poggio Casaccia
dopo una camminata di tutto rispetto, anche se condotta per la
maggior parte sotto una serie di alberi che, specie durante il
periodo estivo, possono mitigare la durezza del percorso.
Il sentiero numero 12 si individua anche con un nome diverso ed
è detto delle Fonti, in quanto tocca tutte le fonti di
Morello, o anche del Biagiotti dal nome del presidente del CAI
di Sesto che lo tracciò.
Non dobbiamo credere che si tratti sempre di sentieri estremamente
duri da superare: la maggior parte di questi è facilmente
percorribile da chiunque, almeno fino ad arrivare al valico della
Selletta ed avendo cura di partire dalla fonte dei Seppi, un buon
numero di sentieri si mantiene ad una quota costante rendendo
agevole la passeggiata in varie direzioni, ad esempio in base
alla stagione (i viottoli sono più o meno in ombra) od
alle preferenze personali.
Dalla chiesetta di Gualdo accanto al sentiero del Pensionato partono
altri viottoli: uno conduce tranquillamente alla Fonte del
Ciliegio, pochi chilometri più avanti e da qui prosegue
verso l'alto e porta al poggio all'Aia col famoso viottolo detto
"Rompistinchi", chiaramente per la sua non estrema
facilità. Proseguendo sullo stradello della fonte del Ciliegio
arriviamo invece tranquillamente a Sommaia nel comune di Calenzano.
E' questo un sentiero assai battuto anche in periodo invernale
essendo riparato dal freddo vento di tramontana, dal poggio che
si alza quasi in verticale subito accanto alla strada bianca.
Un altro, un po' più impegnativo, parte direttamente verso
le zone più alte e si ricongiunge alla strada forestale
in prossimità della Selletta, dove possiamo trovare
un altro crocevia con altri sentieri, uno dei quali ci permette
di effettuare un giro completo della terza punta da una quota
più bassa e costante, prima dell'ultimo sforzo per arrivare
sulla cima.
Per giungere sui rilievi di maggior altezza che si trovano strada
facendo a seconda delle vie che si percorrono, o sulle tre punte
principali di Morello, occorre un po' più di allenamento
o, se preferite, di pazienza per raggiungere le sommità
da cui poter ammirare panorami davvero splendidi sia verso la
piana a sud, che verso la zona di Fiesole, il Mugello e la parte
di nord est del comune di Calenzano, con località come
La Chiusa e Legri.
Anche il gruppo di monte Morello può essere un'ottima palestra
per migliorare il nostro senso dell'orientamento e grazie ad una
buona e dettagliata carta geografica ed una bussola (magari del
tipo con astuccio trasparente per essere posta ed adoperata sopra
la carta per tracciare la linea che ci interessa), potremmo finalmente
sapere con certezza il nome di una collina, di un corso d'acqua
o di quant'altro non siamo mai stati sicuri, o la rotta più
breve da seguire per giungere in un luogo che rimane oltre un
certo crinale e che non possiamo vedere.
E' bene sottolineare che l'uso congiunto di carta e bussola è
utile anche in caso di nebbia e pioggia, quando le condizioni
meteo sono tali da impedire una visione ottimale del territorio
e quindi può creare imbarazzi e problemi di orientamento
anche a chi è abituato a transitare in quei luoghi da anni
e anni: esperienza personale insegna.
Probabilmente la scarsità di comunicazioni stradali dalla
parte di Calenzano suddetta, è uno dei motivi che impediscono
una più ampia partecipazione di quelle popolazioni alla
vita del monte Morello, anche se non dobbiamo dimenticare che
le colline degradanti verso Legri sono state spesso assai importanti
nella vita dei residenti, anche durante il periodo della seconda
guerra mondiale. In particolare ognuno può tuttora rendersi
conto personalmente di un "sasso" che si trova poco
sotto il castello di Legri verso la località Casa del Piano,
detto "Spugnone" (forse perchè pare proprio
una grande spugna), che grazie all'opera di alcuni ragazzi locali,
era stato aperto da una parte a mo' di sportello, svuotato e usato
come rifugio durante il passaggio ed i rastrellamenti dei battaglioni
tedeschi durante il periodo dell'occupazione, mentre gli alleati
stavano premendo da sud. Una volta dentro i ragazzi richiudevano
lo spugnone così bene che i tedeschi non si accorsero mai
della cosa, anche passandoci vicino. Un sistema in grado di salvare
loro la vita.
L'intero gruppo di monte Morello ha svolto una importante funzione
durante il periodo della guerra di Liberazione dall'occupazione
tedesca verso la conclusione della seconda guerra mondiale. Innumerevoli
sono i ricordi di azioni compiute dai partigiani su queste colline,
sia per operazioni di guerra che di coordinamento ed a ricordo
di alcune azioni sono state poste lapidi nelle zone interessate,
come a Ceppeto, agli Scollini ed a Cercina dove furono assassinati
alcuni aderenti di Radio Cora.
La storia geologica di monte Morello è anch'essa di
estremo interesse: è probabile che esso nasca circa 70
milioni di anni fa come formazione sottomarina che è poi
stata spinta verso l'alto, riuscendo ad emergere verso la fine
del periodo Miocene, intorno a 12 milioni di anni fa, fino ad
assumere la forma che noi adesso vediamo circa un milione di anni
orsono nel periodo del Pleistocene.
L'unità di monte Morello viene riportata da uno studio
del C.N.R. pubblicato nel 1982, come composto principalmente da
peliti, torbiditi calcareo-marnose e calcarenitiche, argilliti
e calcari marnosi e silicei, torbiditi arenacee e argilliti varicolore.
Il gruppo geologico viene definito "alloctono" e quindi
unità tettonica che si presume abbia subito grandi traslazioni
orizzontali (dell'ordine di vari chilometri).
Nel gruppo geologico di monte Morello sono evidenziate alcune
faglie (rottura di massa rocciosa con spostamento relativo dei
due blocchi ormai separati), alcune nella zona di Gualdo ed altre
fra la prima e la terza punta.
Anche seguendo semplicemente la strada asfaltata che da Gualdo
porta verso la fonte di Vico, abbiamo la possibilità di
vedere alcuni spunti interessanti da un punto di vista geologico:
sono i tratti scavati nell'interno del poggio che fu aperto per
la costruzione della strada stessa. I disegni tracciati dalla
roccia sono estremamente contorti ed interessanti. E' probabile
ci parlino della storia geologica che ha contraddistinto questo
monte nelle varie epoche.
La geologia del terreno ha naturalmente influenzato la flora del monte. Una volta esaurita quella che aveva avuto origine all'inizio della vita emersa, si sono affermate alcune famiglie tipo il pino silvestre, poi rimpiazzato dal pino mugo, interrotto a sua volta dalla betulla; poi l'abete bianco, il faggio, l'abete rosso, la quercia, l'acero, l'olmo, il carpino ed il frassino. L'ultimo grande rimboschimento ha avuto luogo a partire dal 1909 per porre rimedio alla non razionale deforestazione avvenuta nel corso dei secoli che aveva provocato un gravissimo dissesto idrogeologico, in particolare nelle zone più alte e nella zona meridionale del complesso montuoso. Una parte di rilievo in questa opera è stata fatta dal Corpo Forestale dello Stato, ma anche il Consorzio di Bonifica della Piana di Sesto, creato nel 1932, ha svolto un'importante funzione. Il loro lavoro è proseguito fino alla metà degli anni 70 con un notevole contributo anche da parte del Consorzio di Bonifica della Sieve e della Provincia di Firenze, mentre negli ultimi anni è stata svolta (con un buon successo) un'importantissima azione di bonifica contro il cosiddetto cancro del cipresso, provocato da un parassita fungino che tanti danni ha portato a questo tipo di piante. La presenza del parassita può essere riconosciuta in maniera grossolana sia attraverso un arrossamento della corteccia nei dintorni della zona d'azione del fungo, sia notando un ovvio issecchimento dei rami colpiti.
Al momento possiamo dire che buona parte della macchia che popola
il gruppo di monte Morello è composta da latifoglie e da
conifere, oggetto del rimboschimento suddetto.
Talvolta le possiamo trovare verso le quote più basse appena
oltre il Borgo di Morello, nella zona di Gualdo, e quindi da un'altezza
di circa 350 metri s.l.m., fino a circa 550 metri del poggio All'Aia.
In altre parti lo stesso paesaggio è posto assai più
in alto, come vedremo più avanti.
Le piante più comuni nel complesso del Monte Morello sono
il pino nero ed il cipresso. A partire dalla zona della fonte
dei Seppi e proseguendo per la strada della Forestale verso il
monte Rotondo e poi verso il valico della Selletta da una parte
oppure seguendo il sentiero 7B che corre verso nord-est e che
permette di ammirare uno splendido panorama verso il Mugello,
si notano ottimi boschi di pini e cipressi, dove spesso quest'ultimi
risultano specie non dominante nei confronti del pino. Il cipresso
è talvolta costretto a qualche "contorsione"
nella ricerca della luce del sole, essenziale per la sua crescita
e non è raro vedere cipressi che sviluppano i propri rami
ed il fogliame solo verso la parte da cui possono arrivare i necessari
raggi di luce, in aree "lasciate libere" dai pini.
Nella zona che da Ceppeto guarda verso il poggio Casaccia, possiamo
scorgere due colline (poggio Trini e poggio Capannelle) rimboscate
a cipressi nei primi decenni di questo secolo. Sono lavori che
hanno avuto un ottimo successo, mentre qualcuno non ritiene di
poter dire altrettanto di un tentativo analogo fatto nel tratto
che dai Seppi conduce verso il piazzale Leonardo, dove sono stati
piantati una serie di piccoli cipressi nel corso del 1981. Poche
piante hanno avuto un certo sviluppo, mentre la maggioranza pare
essere ancora un po' indietro. Auguriamoci che sia solo l'impressione
un po' pessimistica di alcuni semplici appassionati camminatori
e che i tempi che queste piante richiedono per un completo sviluppo
siano effettivamente assai più lunghi dato che, come sopra
detto, alcune piante hanno avuto una crescita buona, migliore
di altre che potrebbero risentire di una diversa composizione
genetica. Del resto possiamo dire che il gruppo di monte Morello
è un invidiabile luogo, dove la flora è molto numerosa
ed in salute rispetto a tanti altri boschi italiani e non.
Parlando in generale, i boschi di latifoglie sono situati per
lo più nelle aree discendenti rispetto alle zone delle
cime più alte e sono composti da cerro, cedui, lecci, cipressi
e pino nero. Anche gli arbusti sono ben rappresentati con rovi,
biancospino, prugnolo, sanguinello, ginepro e pungitopo. Alcuni
esempi di località interessate a quanto accennato sono
a nord est fra le case di Morliane ed il Molinuccio, mentre a
sud ovest li troviamo nello stesso Borgo di Morello, alle case
di Benciolino e la zona sotto la chiesa di Gualdo.
Salendo di quota abbiamo cedui densi e puri con alta presenza
di pini neri, matricine di cerro e roverella e, nella parte di
nord est, l'acero campestre. Gli arbusti sono spesso costituiti
da rovi, sanguinello, pungitopo, biancospino e qualche laureola.
Alle quote più alte si può trovare il nocciolo,
oltre a ceppaie di carpino bianco. Nelle aree soggette a contatto
con zone di conifere, possiamo trovare l'orniello. I cedui sono
spesso associati al carpino, il cerro, la roverella. Zone di questo
tipo si possono trovare a sud est del Poggio Capannelle, a nord/nord
est della seconda e terza punta ed a nord ovest della terza, sempre
a quote prossime alla sommità. Verso le quote massime si
possono avere i boschi di conifere, frutto come si diceva, dell'ultimo
rimboschimento, con prevalenza di cipresso comune e pino nero,
fino ad arrivare alle massime quote del poggio Casaccia e poggio
all'Aia, dove abbiamo superfici occupate quasi esclusivamente
da arbusti densi e compatti, come anche da vegetazione erbacea
spontanea, talvolta mista a piante della vecchia coltura agraria,
tuttora in essere. Naturalmente non dobbiamo dimenticare la presenza,
in quote molto più basse, di oliveti a cui si deve la produzione
di un ottimo olio extravergine d'oliva.
Come spesso accade in zone a forte caratterizzazione naturale,
i periodi più interessanti da un punto di vista "estetico"
sono la primavera e l'autunno, periodi in cui l'esplosione dei
colori creata dalle numerosissime varietà di piccole e
grandi piante, offrono una splendida attrattiva per gli ammiratori
dell'ambiente naturale.
Nel piazzale di Ceppeto a ridosso del bar locale, esiste un albero
che non tutti ci potremmo aspettare di vedere qua: una Sequoia.
Le condizioni di vita non sono fra le migliori, almeno da quanto
traspare all'occhio del viandante e probabilmente le caratteristiche
morfologiche e climatiche della zona non sono le più adatte,
ma di certo è un interessante rappresentante di un genere
reso famoso dalle consorelle che vivono nei grandi parchi statunitensi.
Le dimensioni della nostra non sono in grado di competere con
le rappresentanti d'oltreoceano, forse a causa dell'età
che le separa e forse anche per l'ambiente circostante non del
tutto adatto allo sviluppo completo di questo meraviglioso albero.
Il comune di Sesto segue con una certa costanza l'evolversi della
vegetazione del monte, naturalmente in collaborazione con gli
enti preposti, e continua la ripulitura di alcune aree dalle sterpaglie
che, insieme alla risistemazione della flora arborea, possono
essere attività in grado di dare un concreto aiuto alla
vita di tutta la flora, oltre a far si che anche la parte estetica
della zona, abbia a ricevere un deciso miglioramento. Ci auguriamo
che questa attenzione sia sempre più sistematica e comprenda
anche le zone meno prossime alla strada panoramica dei colli alti.
Abbiamo sopra accennato ai torrenti che scorrono su questo
gruppo montuoso. Essi hanno raramente una grande portata d'acqua,
anche se in certi periodi dell'anno, se soggetti a forte precipitazione
piovosa, possono riservare sorprese non del tutto gradite e creare
pericolo agli abitanti delle case che sorgono nei pressi del letto
del torrente giù a valle. Questi corsi d'acqua non sono
un numero altissimo, tuttavia la loro presenza è tale da
generare una serie di fonti da cui si può attingere fresca
acqua, di grande aiuto durante qualche passeggiata di particolare
impegno, magari dopo essersi accertati che non ci siano problemi
di inquinamento. I comuni interessati svolgono periodiche analisi
e garantiscono una certa sicurezza, almeno nell'informazione.
Fra i torrenti che nascono dal gruppo di monte Morello ricordiamo
Carzola, Marinella di Legri, Chiosina e Zambra. Altri sono a carattere
stagionale e fra loro citeremo il Rimaggio che scende verso sud
e nella zona di Colonnata chiamata Parancola dà luogo ad
un piccolo invaso intorno al quale si sono impiantati piccoli
orti in cui vengono coltivate alcune fra le più comuni
specie di verdure che usiamo trovare sulle nostre tavole come
insalata, pomodori, cipolle, fagioli, radicchio, melanzane e così
via.
Negli ultimi anni abbiamo assistito a stagioni non benevole in
termini di precipitazioni piovose. Ad un periodo secco è
talvolta seguito uno di intensa pioggia che porta invariabilmente
problemi di contenimento da parte della terra e quindi spesso
si devono fare i conti con allagamenti e tracimazioni anche di
questi piccoli torrenti che distruggono il lavoro di mesi. Purtuttavia
le persone che accudiscono la terra continuano la loro opera;
si tratta di un interessante esempio teso a non disperdere un
patrimonio di tradizione contadina, nell'epoca super tecnologica
a cui ci stiamo inesorabilmente avvicinando. Non facciamo l'errore
di sottovalutarlo.
Oltre ai torrrenti di superficie esistono numerosi corsi d'acqua
sotterranei che contribuiscono all'irrigazione del territorio.
Con un minimo di attenzione visiva, anche i più giovani
appassionati che si trovano a passeggiare nel gruppo di monte
Morello, possono avere rapidamente un'idea dell'idratazione del
territorio in seguito alle precipitazioni, in quanto il semplice
colore della terra (se non il suo evidente grado di umidità),
permette di avere un' idea di massima in proposito ed anche il
colore della flora può aiutare chi volesse tenersi "informato"
per quanto in modo assai grossolano.
Per la verità anche dalla piana sottostante è spesso
possibile avere un'idea di massima dell'idratazione, specie quando
la zona è stata soggetta ad un periodo di copiosa pioggia,
dopo un lungo tempo di siccità: quasi giorno dopo giorno
vediamo mutare le caratteristiche cromatiche che possono darci
interessanti informazioni sull'idratazione sia della terra che,
forse in maniera un po' più marcata, della flora. Una stagione
piovosa è certamente importante per la vita della flora
che popola il gruppo montuoso che a volte, e nel giro di 15/20
giorni, è in grado di "contraccambiare" una intensa
pioggia con grandi crescite del fogliame, a tutto vantaggio sia
dell'ambiente, che dell'ossigenazione locale.
Se potessimo scegliere sappiamo tutti come sarebbe bene che la
pioggia fosse diluita nel corso delle settimane, anzichè
concentrarsi in pochi giorni come a volte accade, in modo tale
da evitare il rischio di frane (come è capitato alcune
volte, creando inoltre poco comprensibili problemi di ordine burocratico
su quale ente dovesse accollarsi le spese di risistemazione).
Una buona idratazione permette alla flora di evolvere in modo
da aiutare ad avere una corretta tenuta idrogeologica del territorio.
Un corretto sviluppo vegetale è certamente utile anche
allo sviluppo della popolazione faunistica che vive nel gruppo
del monte Morello.
Buona parte dell'area del gruppo di monte Morello è destinata
a luogo di ripopolamento e cattura, quindi la fauna che ci vive
è protetta dalla caccia. Fra gli animali si possono trovare
mammiferi, uccelli e rapaci. Fra i primi sono presenti il capriolo,
la volpe, la lepre, lo scoiattolo, il riccio, la talpa ed i topi
che insieme ai cinghiali sono abbastanza comuni, mentre il daino,
la puzzola e la faina li possiamo definire rari. Fra gli uccelli
i più diffusi sono i colombacci, i fagiani, le ghiandaie,
i merli, i passeri comuni, come anche i pettirossi, lo storno,
la taccola, il tordo ed il luì piccolo,mentre l'allocco,
l'allodola ed il barbagianni sono rari. Altri come il lucherino
e la poiana sono soggetti a presenze variabili nell'arco delle
stagioni.
Tra i rettili sono comuni le bisce, i ramarri e le lucertole anche
se sono state spesso riportate presenze di vipere in autunno.
Gli anfibi ed i pesci sono riportati presenti nelle acque di Morello,
fra i primi sono comuni i rospi e le rane, mentre fra i secondi
si possono trovare con una certa difficoltà e con forti
variazioni in base alla stagione, le trote le anguille, i cavedani
e le lasche.
Monte Morello è un luogo frequentato da un alto numero
di persone che apprezzano la vita all'aria aperta. Dai semplici
camminatori dediti alla contemplazione della natura, ai cultori
della bicicletta, dagli appassionati della corsa campestre ai
cercatori di funghi ed ai fotografi appassionati di ambienti naturalistici,
tutti solcano i sentieri che percorrono questo gruppo montuoso
e qualcuno non si limita ai soli viottoli segnati, ma preferisce
zone meno battute. In poche parole ben poco di Morello viene risparmiato
dagli appassionati del luogo. Grazie ai numerosi sentieri che
attraversano in lungo ed in largo il gruppo, anche gli amanti
della riflessione solitaria non avranno da lamentarsi. In effetti
nonostante il numero dei "gitanti" sia di tutto rispetto,
specie nei fine settimana, non è certo difficile trovare
qualche posto tranquillo da dedicare alla lettura di qualche buon
libro, allo studio vero e proprio o alla placida contemplazione
della natura che ci fa compagnia tutto intorno. Magari occorrerà
avere la "forza" di cercare un po' più a lungo.
Come spesso accade in questi casi, non è difficile trovare
rimasugli del passaggio di gitanti della domenica che, forse,
non hanno del tutto fatto proprio il rispetto per l'ambiente circostante,
come se non gli appartenesse e non ne dovessero essi stessi subire
le conseguenze al successivo ritorno sul monte. In alcune zone,
come la parte immediatamente sopra al piazzale della fonte dei
Seppi, o il piazzale Leonardo, vera terrazza su Firenze e tutta
la piana di Sesto, lo spettacolo che si presenta nelle zone verdi
tutt'intorno, è dei meno edificanti. E non sono le uniche
parti del monte a presentare questo modo così assurdo di
vivere la natura. Forse la casa di queste persone è tenuta
allo stesso modo?
Qualche tempo fa è stata organizzata, da molti volontari,
una "battuta di caccia" alla ricerca di spazzatura che
poteva essere rimasta "inevasa" negli anni indietro
e ne fu trovata davvero tanta e di vario tipo. Furono necessari
numerosi interventi da parte dei camion della nettezza urbana
per portare via tali ricordi, ma da allora lo spirito di alcune
persone non è cambiato poi molto se è vero, come
è vero, che per restare nei luoghi più frequentati
come nel tratto di strada che conduce dalla fonte dei Seppi al
curvone del monte Acuto, si può facilmente scorgere una
vecchia cucina che il proprietario non ha trovato di meglio che
scaricare lassù, pochi metri al di sotto della strada.
Credo che sia interessante anche sondare l'aspetto psicologico
che sta alla base di quella assurda decisione: quale sarà
stato il motivo che lo ha spinto a fare questo? Sarà forse
una persona che si dichiara "amante della natura"? Avrà
la volontà per recuperare l'oggetto ed interessare gli
operatori ecologici del comune (che comunque effettuano periodiche
pulizie)?
Pur trattandosi di un caso limite (auguriamocelo) non è
il solo ed anche in varie altre parti troviamo tracce del passaggio
umano. Pur senza voler entrare nel merito della più generale
questione ecologica, non si riesce a comprendere il perchè
sia così "normale" lasciare sul terreno quanto
non più necessario nel corso della scampagnata.
Si tratta di una forma di educazione civica che dovrebbe essere
sviluppata in ognuno di noi almeno dai tempi della scuola dell'obbligo
e che comprende altri ben importanti aspetti della vita, come
il rispetto per il prossimo che, anch'esso, negli ultimi anni
è andato progressivamente a sembrare un qualcosa di non
necessario, fortunatamente non per vari frequentatori del monte
Morello che, quando si incontrano in giro per i viottoli, hanno
ancora il buon gusto di salutarsi, anche se non si sono mai visti
prima.
C.N.R. : CARTA STRUTTURALE DELL'APPENNINO SETTENTRIONALE, Pubblicazione
n.429 - 1982.
G.F. Di Pietro; G. Errera; L.Omodei Zorini; P. Piussi: IL PARCO
TERRITORIALE DI MONTE MORELLO:ANALISI DELLE RISORSE E METODOLOGIA
DI INTERVENTO PER LA FORMAZIONE DEI PARCHI TERRITORIALI NELL'AREA
FIORENTINA. Firenze 1979.
Comune di Sesto Fiorentino, Assessorato all'ambiente (a cura):
IL PARCO DI MONTE MORELLO:LINEAMENTI DEGLI ASPETTI NATURALISTICI
E DELLA NORMATIVA DEL TERRITORIO; Sesto Fno, 1987.
Comune di Sesto Fiorentino, Comitato Unitario Antifascista, Circoscrizione
di Cercina (a cura): LA RESISTENZA E LA GUERRA DI LIBERAZIONE
SU MONTE MORELLO. L'APRILE '44 A CERCINA. A cura dell'Ufficio
Stampa del Comune di Sesto Fiorentino,1985.
G. Ciampi: OSSERVAZIONI SULLA DINAMICA DEL PAESAGGIO FORESTALE
IN DUE AREE DEL VALDARNO FIORENTINO: MONTE MORELLO e ARTIMINO.
In "Rivista dell'Agricoltura", n°1/79, a cura dell'Accademia
dei Georgofili, Firenze.