Autore: Flavio Gori
Hessdalen è una piccola valle della Norvegia centrale, a circa 120 km dalla città di Trondheim nella regione del Trondelag, che conta circa 150 abitanti. Sconosciuta a buona parte della popolazione Norvegese almeno fino alla metà degli anni 90, quando iniziarono a serpeggiare articoli relativi ai fenomeni luminosi che da quell'area erano riportati, con il supporto di un piccolo gruppo di ricercatori guidati dal professor Erling Strand dell'Università di Saarpborg, nella Norvegia meridionale che si erano recati in valle con i loro strumenti durante l'inverno 1984 dopo le numerose testimonianze di avvistamenti di luci nella bassa atmosfera della valle norvegese.
Il lavoro di Strand e colleghi andò avanti per alcune
settimane, pur nelle difficoltà del rigido inverno norvegese.
Il lavoro di analisi durò per alcuni mesi ed al termine
fu pubblicato un Technical Report che funge tuttora come pubblicazione
base per il cosiddetto Fenomeno
di Hessdalen.
Da questo report si evince chiaramente che, per quanto osservato
e, in brevi spezzoni registrato, il fenomeno di Hessdalen appare
essere del tutto scollegato da eventi collaterali. Quindi quando
si vede una luce volteggiare nella bassa atmosfera della valle,
non avviene niente altro di particolare nei campi fino a quel
momento osservati.
Ma, appunto, i campi osservati non erano tutto l'osservabile,
pur essendo un punto di partenza che aggiungeva interesse alla
questione ed infatti in seguito al report di Strand, Hessdalen
fu meta di ricercatori da un po' tutto il mondo. Americani, russi,
italiani, svedesi, e inglesi iniziarono una sorta di pellegrinaggio
scientifico verso la valle norvegese. Naturalmente anche gli stessi
norvegesi cercarono di capirne di più ed anche il loro
settore militare mandò suoi incaricati a studiare la questione
per alcune settimane.
Dopo il Report di Strand e la difficoltà a spiegare
il fenomeno, la vicenda Hessdalen pian piano entrò nel
dimenticatoio e si dovette attendere il 1994 perché sulla
valle di Hessdalen tornasse l'interesse dei ricercatori. Erling
Strand organizzò un convegno per cercare di riprendere
su nuove e più solide basi la ricerca. Fu nella primavera
di quell'anno che io venni a conoscere Hessdalen e fu grazie ad
una conferenza organizzata qui a Firenze da Massimo Teodorani,
il primo ricercatore italiano ad essersi recato in valle.
Da allora sono rimasto in contatto con Teodorani a cui avevo subito
prospettato la mia idea: scandagliare la valle con apparecchiature
di ricezione a larga banda nel settore radio detto VLF (Very Long
Frequency), dove si ha l'opportunità di seguire molte delle
attività naturali che avvengono nella cavità Terra-Ionosfera.
Questo allo scopo di campionare il rumore elettromagnetico in
valle, per capire se quando appaiono le luci in questione qualcosa
dovesse cambiare nel rumore usualmente presente.
Arriviamo al 1999 quando sono invitato a partecipare ad un meeting
presso il Radio Osservatorio del CNR a Medicina (BO) al quale
interverranno tutti i ricercatori interessati a Hessdalen fra
cui Erling Strand, Bjorn Hauge e Stelio Montebugnoli (CNR) che
sono fra i maggiori esponenti del Consorzio di Ricerca denominato
Embla 2000 che si è preso l'onere di portare avanti
la ricerca seguendo i dettami della scienza più rigorosa.
In questa occasione presentai la mia proposta di scandagliare
la valle di Hessdalen per mezzo dei rivelatori tarati sulle onde
radio molto lunghe, con frequenze al di sotto dei 30 chilocicli.
Ricordo che le trasmissioni che ascoltiamo normalmente alla radio,
partono da 525 chilocicli.
Personalmente sono stato presente in valle durante le missioni
2001, 2002 e 2006, in rappresentanza dell'Inspire
Project della NASA di cui sono il Coordinatore
Europeo dal 1993, progetto dedicato allo studio delle onde radio
molto lunghe. Nel 2001 e 2002 ho avuto il piacere di far parte
anche del gruppo di ricerca organizzato dal Comitato
Italiano per il Progetto Hessdalen, un consorzio privato
con sede a Bologna, presieduto da Renzo Cabassi, che si propone
come organizzatore delle sponsorizzazioni e del coordinamento
logistico necessario allo studio dei fenomeni luminosi norvegesi
ed eventi simili nel mondo.
In queste occasioni, oltre a registrare una notevole quantità
di onde radio, abbiamo cercato di stabilire un contatto proficuo
anche con gli abitanti, grazie all'assistenza e la traduzione
di Peder Skogaas, uno scrittore, traduttore e insegnante norvegese
che vive ormai stabilmente a Hessdalen. Egli funge come una sorta
di ambasciatore verso il mondo esterno alla valle ed essere in
sua compagnia, facilita assai il compito di avvicinare i valligiani.
Questo ci ha permesso di venire a conoscenza di una serie di fatti
in precedenza sconosciuti a buona parte dei non valligiani, anche
se norvegesi.
Ad esempio le prime testimonianze tramandano di luci già dal finire del 1700, mentre le prime testimonianze scritte datano 1908. Quindi ben prima del 1981.
Durante la seconda guerra mondiale diversi militari norvegesi e dell'esercito nazista d'occupazione furono testimoni dei fenomeni luminosi ed a quel punto non fu più possibile tenere nascosta la cosa che fino ad allora i valligiani avevano tenuto per se allo scopo di evitare passare per matti.
Dunque le luci di Hessdalen esistono, in rari casi è stato possibile fotografarle e filmarle e concordano con quanto riportato in precedenza dai testimoni. Si tratta di luci dai vari colori, forma e "comportamenti". Sempre si è trattato di luci che arrivano improvvisamente nel cielo, come se qualcuno accendesse un fantomatico interruttore, quindi non si è mai assistito ad una sorta di formazione graduale delle luci, delle loro forme e dimensioni o dei colori che le contraddistinguono nella loro evoluzione singola. Bisogna dire che queste luci si muovono e possono variare la loro velocità, rallentando e/o accelerando. In certi casi arrivano a fermarsi per poi ripartire, variano direzione e altezza.
Pulsano e alcune videoregistrazioni hanno permesso di stabilire che ruotano sul proprio asse (lo si è potuto rilevare anche osservando le tracce elicoidali lasciate sul manto nevoso su cui si era adagiata una luce che però non aveva fuso la neve, un'altra stranezza se consideriamo la probabile fonte energetica che crea la luminosità), talvolta emettono piccole luci che ruotano intorno alla luce-madre (diciamo così), per poi rientrare dentro il corpo principale.
Alcune volte é stato possibile intercettare una luce
con un fascio laser: Una sola di queste volte la luce ha variato
il ritmo delle sue pulsazioni, aumentandolo.
Durante la missione 2000 una luce delle dimensioni di un pallone
da calcio venne osservata da 2 ricercatori italiani per diversi
minuti ad una distanza di circa 200 metri. Si trovava fra loro
ed una casa a distanza quindi conosciuta ad un'altezza di circa
1 metro e 80 centimetri da terra. La luce rimase praticamente
immobile per una decina di minuti per poi caracollare lentamente
verso terra ed estinguersi. I ricercatori si precipitarono verso
il punto ma, complice anche la scarsa luminosità (era notte
fonda e in agosto la luce inizia a scarseggiare anche in Norvegia)
non fu possibile rilevare alcunché di strano. Condizione
confermata il mattino seguente, ma certo non erano in possesso
di alcuno strumento di carattere geologico o chimico per un controllo
accurato.
Il campo radio in bassa frequenza, nell'analisi al computer, ha permesso di evidenziare alcuni eventi tuttora allo studio. Si tratta di ombreggiature, segnali non ben delineati e distinti, che potrebbero (è una mia ipotesi) essere introdotti da eventuali sacche di energia che si dovessero trovare in valle e che per qualche ragione emettono energia nel campo del non visibile otticamente, prima di rompersi e, rilasciando energia, rendersi visibili, appunto, come luci di Hessdalen.
Dunque si ipotizza che sacche di energia siano comunque presenti
nell'area (ipotesi questa molto simile a quanto in precedenza
proposto per i fulmini globulari da parte di alcuni scienziati
russi). Quello che si propone, in maniera forse innovativa, è
un metodo di rilevazione indiretto, ovvero basandosi sulle tracce
di formato Doppler che queste sacche potrebbero indurre nel loro
transito nei pressi delle nostre antenne e rivelate nell'analisi
degli spettrogrammi.
Come se fossero increspature che si formano nel rumore di sottofondo
elettromagnetico, normalmente presente nelle onde radio allo studio,
come in altre bande radio. Ricordo che l'idea di base era proprio
quella di campionare il rumore di fondo per capire se qualcosa
variava all'apparire delle luci
Trattandosi per lo più di eventi molto deboli, abbiamo avuto qualche problema non solo a rilevarle ma anche a farle considerare da altri ricercatori. Adesso siamo sostanzialmente al punto di verificare se davvero queste impronte elettromagnetiche che rileviamo a volte nascoste nel rumore insito nella banda radio, può davvero dipendere dalle sacche chiuse oppure da qualche altro evento, al momento sconosciuto.
Queste impronte furono in qualche modo confermate da una serie di rilevazioni effettuate nella missione 2002 per mezzo di un radar operante sulle frequenze dei 430 MHz a sua volta confermate da precedenti registrazioni fatte da due radar della marina militare norvegese nelle coste norvegesi sud-occidentali nel 1982 e poi, sostanzialmente, dimenticate a causa delle difficoltà a spiegare di cosa si trattasse. In ognuno di questi casi le impronte, le velocità registrate e le frequenze interessate, erano compatibili, come se quanto registrato fosse sempre della medesima natura, pur registrate su bande radio diverse.
Nel caso questa ipotesi fosse confermata, naturalmente, avremmo
subito altri quesiti a cui rispondere. Ad esempio:
perché esistono queste sacche di energia entrocontenuta
(ribattezzate SCEB) e perché ad un certo punto si rompono
rilasciando energia nel campo ottico.
Alla prima domanda non sappiamo rispondere, ma pensiamo che tali
sacche non siano patrimonio esclusivo di Hessdalen, ma lì
ed in altre zone (Argentina, Australia, Arizona e, pare, Monti
Sibillini e in provincia di Massa Carrara, a Sassalbo) ci sono
e si rendono visibili.
Sul perché si schiudono, abbiamo una prima ipotesi che si lega all'unico evento misurabile che abbiamo finora trovato essere in sintonia con i picchi positivi e negativi delle luci di Hessdalen: la densità elettronica nella plasmasfera è massima quando le testimonianze portano al massimo la presenza delle luci e minima quando le luci quasi si azzerano. Rispettivamente inverno ed estate.
Certo bisogna aggiungere che nelle lunghe notti invernale norvegesi è più facile rilevare una luce che non nel sole estivo. Tuttavia è pur sempre un'ipotesi che vale la pena di verificare fino in fondo e che potrebbe essere legata alla presenza di un'ulteriore fenomeno in valle: piccoli e rapidissimi flash luminosi che tutti i partecipanti alle missioni hanno rilevato con quella che si suole definire la coda dell'occhio.
Nel caso si tratti effettivamente di questioni legate all'energia, argomento a cui molti sono interessati in questi tempi, sarebbe opportuno un maggiore impegno non solo a livello di ricerca semi professionale, ma anche con aiuti di carattere governativo, allo scopo di chiarire se e come questa energia potrebbe essere utilizzabile per scopi civili.
Visto che tale ricerca è portata avanti da un consorzio di ricerca Italo-Norvegese, sarebbe interessante un'ulteriore sviluppo di questa collaborazione, a cui tutto il mondo della ricerca guarda come la più promettente fra le strade intraprese per chiarire il Fenomeno di Hessdalen.
A conferma dell'interesse con cui si segue la questione anche
in Italia, nel marzo 2004 la Rivista elettronica LoScrittoio.it
ha organizzato qui in Toscana, a Cecina, la prima conferenza dedicata
al Fenomeno di Hessdalen al di fuori dei confini Norvegesi, alla
quale hanno partecipato, oltre ai ricercatori impegnati, anche
il sindaco e l'assessore allo sviluppo economico di Alen, il piccolo
comune dove si trova Hessdalen, insieme alle personalità
cittadine e del Polo Industriale e Scientifico di Cecina.
Alla conferenza ha partecipato un pubblico sorprendentemente numeroso
e di tutte le età a testimonianza dell'interesse per un
fenomeno apparentemente così distante dalla nostra terra.
Abbiamo dunque una conferma che nel 2007, la nostra vecchia Terra ha ancora qualche sorpresa con cui solleticare i nostri scienziati che talvolta sembrano disinteressarsi alle novità quando mostrano di essere un po' ostiche per le sicurezze apparenti che a volte pensiamo di esserci conquistate.
A tutti noi la possibilità di andare avanti e provare a capirne di più.