segue da Introduzione pubblicato nel Dicembre 2002.
Autore: Flavio Gori
Il primo potente impatto con la nuova realtà
del mondo industriale che avrebbe caratterizzato il secondo dopoguerra,
il comune e gli abitanti dell'intero territorio di Calenzano lo
ebbero con la costruzione dell'autostrada del sole nel tratto
che riguarda il territorio del piccolo comune e che ancora oggi
ne segna il volto, anche come impatto ambientale. Questo enorme
cantiere impegnò per vari mesi molta manodopera locale
in quella che è, a tutt'oggi, la costruzione più
imponente che contraddistingue il comune. Questa fonte di lavoro,
imponente ma temporaneo, non rientra nella tradizione dell'attività
lavorativa calenzanese, il più delle volte tesa a costruire
nel tempo.
Una volta superata la spinta verso una decisa industrializzazione
che lo caratterizzò verso la fine degli anni sessanta ed
i primi settanta e che ebbe il suo sbocco preferenziale nella
parte a ridosso del comune di Sesto a breve distanza dalla cementeria,
il comune di Calenzano è fra quelli che cerca di mantenere,
le sue caratteristiche tradizionali. Questo centro lo troviamo,
fra Sesto Fiorentino e Prato, sulla strada Barberinese che porta
verso la vetta della Croci, che apre la vista verso l'intera valle
del Mugello.
Percorrendo questa via, poco dopo aver lasciato il paese di Calenzano
alle nostre spalle, troviamo una diramazione verso destra che
porta a scoprire un'altra strada che congiunge con la vetta delle
Croci suddetta e che permette di attraversare due piccoli borghi
facenti parte del comune di Calenzano: La Chiusa e Legri. Il primo
gruppo di case lo abbiamo di fronte non appena prendiamo la strada
a destra della vecchia provinciale. Nel largo spiazzo che ci accoglie
appena dopo la curva, gli antichi viandanti trovavano un'accogliente
osteria che permetteva loro di rifocillarsi durante il cammino
verso il Mugello. Si trattava della via spesso usata anche dai
Medici durante i loro spostamenti verso le varie proprietà
nel Mugello.
Continuando verso Legri, sulla sinistra, troviamo una piccola
cappella di fronte al nucleo principale delle case de La Chiusa,
una volta detto " Il Gori" e nella casa che troviamo
di fronte alla chiesetta, dalla parte opposta della strada, era
posto il quartier generale delle forze tedesche in loco, durante
il duro periodo dell'occupazione nazi-fascista mentre gli alleati
premevano da sud. Con la prepotenza che li contraddistingueva,
i tedeschi si appropriarono della casa, costringendo la famiglia
residente a far buon viso a cattiva sorte, per poi liberarsi del
tutto della presenza dei proprietari legittimi, costretti a rifugiarsi
nella campagna di Leccio, nel territorio prossimo a Legri.
La chiesetta cui si accennava prima è stata costruita sul
finire degli anni 40 e vi ha officiato anche Don Lorenzo Milani,
nei primi anni del suo noto ed importante lavoro, anche se già
in quel periodo doveva spesso superare notevoli problemi di incomprensione
con i suoi superiori (ma anche con alcuni diocesani), vicini e
non, che non sempre gli rendevano la vita facile.
I lavori di costruzione di questa piccola chiesa furono portati
avanti con il contribuo di molti volontari, per lo più
persone del luogo che volentieri davano una mano, al termine del
loro lavoro primario, naturalmente senza alcun fine di lucro.
Forse ciò avveniva anche (e forse soprattutto) in virtù
della stima che tutti loro nutrivano per il giovane Don Milani,
anch'egli in prima fila nel lavoro manuale di costruzione della
chiesa e del reperimento della pietra necessaria alla muratura,
sul greto del vicino torrente "La Marinella".
Come a volte accade, coloro che si pongono in maniera diversa
rispetto a quella che è la strada tracciata dalle gerarchie,
possono avere problemi a far accettare il proprio lavoro, anche
nei confronti di coloro che vivono da laici la vita della chiesa,
o se preferite, coloro che vogliono vedere la chiesa e la religione
come un qualcosa di ingessato e chiuso al rapporto popolare. Una
sorta di paradossale negazione dell'esperienza di Cristo.
Questo accade anche in casi come quello di Don Milani, quando
si tratta di stare dalla parte del più debole, mettendo
o cercando di mettere in essere, quelli che sono gli insegnamenti
delle Sacre Scritture; o almeno così avveniva nella Chiesa
cattolica sul finire degli anni quaranta e che si proiettava nel
decennio successivo con la paura del comunismo da tenere in primo
piano, pronta ad accettare qualche compromesso, forse non ortodosso,
pur di difendersi dal pericolo rosso.
Don Milani fu poi trasferito a Barbiana, dove riuscì comunque
a proseguire la sua Missione nel miglior modo possibile, organizzando,
tra le altre cose, alcuni corsi di studio in aiuto dei giovani
del luogo, che spesso anche grazie all'aiuto di Don Milani, hanno
conquistato risultati di assoluto rilievo, sia negli studi che
nel lavoro.
Qualche centinaio di metri più avanti, appena prima del
cavalcavia autostradale, dalla parte destra della stretta carreggiata,
troviamo una dimessa costruzione che possiamo definire "capanna",
a ridosso di alcuni campi coltivati, e di fronte al torrente Marinella,
intorno alle cui sponde si affacciano altri piccoli orticelli
coltivati, nella tradizione degli abitanti di questo piccolo borgo.
La capanna di cui sopra è in realtà quanto ora rimane
della importante Chiesa di Santa Maria, probabilmente costruita
fra il XII ed il XIII secolo, non è escluso che sia la
più antica costruzione de La Chiusa, come riteneva anche
Don Milani.
Pochi chilometri oltre, dopo aver superato il bivio che porta
verso la località detta Casa del Piano inoltrandosi verso
alcuni gruppi di case, entriamo nell'abitato del borgo di Legri,
verso il termine della località, sulla destra troviamo
il ponte sul torrente Marinella, valicato il quale inizia la salita
che conduce al castello di Legri che domina l'intera valle del
torrente detto "La Marinella", coperta da un verde morbido
e riposante.
Poco prima del ponte, sulla sinistra, troviamo la Pieve di San
Severo. E' la pieve più antica del territorio di Calenzano
e funge da chiesa parrocchiale di Legri. E' probabile che risalga
alla fine del VI secolo, anche se il primo documento rinvenuto
che parla esplicitamente della pieve è della fine del nono
secolo. Indubbiamente ha dovuto superare numerose e dure prove,
tanto che fino ad una decina di anni fa, le condizioni della chiesa
erano tali da non far pensare a qualcosa di particolarmente importante
al viandante che non avesse avuto una profonda conoscienza della
storia dell'arte locale. In effetti buona parte della parte sinistra
dell'abside era interrato e si poteva accedere all'interno (da
quella parte) solo in modo poco ortodosso, magari a carponi, come
facevano diversi anni fa i ragazzi dell'epoca.
L'ultimo restauro è stato portato a termine dalla Soprintendenza
ai Beni Ambientali ed Architettonici delle Provincie di Firenze
e Pistoia ed ha permesso a tutta un' importante serie di elementi
architettonici di tornare alla luce. La pieve di San Severo è
sicuramente fra i migliori esempi di architettura romanica religiosa
nell'intera provincia di Firenze, per quanto quasi sconosciuta
a conferma di quanto si diceva in apertura di questo articolo.
Superando il ponte sulla Marinella e salendo a circa 250 metri
sul livello del mare la strada, ancora oggi sterrata, ci conduce
verso il suddetto castello di Legri che comprende nel suo interno
la chiesa di San Pietro, probabilmente nata come chiesa del castello,
forse risalente al XII secolo. Purtroppo le notizie che possono
darci qualche dato certo sui primi anni di questa chiesa sono
molto scarse, ma un documento datato agosto 1260 ci informa che
a quell'epoca, in quella chiesa, si sarebbe dovuto provvedere
per il rifornimento di pane per l'esercito guelfo da parte del
popolo di Legri. Entrambe le chiese sono costruite con un misto
di pietra alberese e pietra forte e, come altre nella zona, hanno
il campanile a forma di vela.
Nel loro piccolo anche Legri e la sua pieve hanno lo stesso effetto
di Firenze nei confronti del circondario. Pur essendo stata regolarmente
dimenticata per tanti anni, la pieve di San Severo dopo aver risvegliato
l'interesse di tante persone e studiosi negli ultimi anni, ha
di fatto monopolizzato l'interesse di questi, relegando e facendo
un po' dimenticare che anche nelle zone immediatamente circostanti
a Legri ci sono (o ci sono state) testimonianze assai interessanti
nel campo della storia dell'arte, generalmente risalenti alla
stessa epoca della pieve.
In quanto a opere religiose la zona è ricca di antiche
testimonianze, alcune non ancora del tutto ben identificate nella
loro origine, mentre di alcune non siamo ancora ben certi della
loro ubicazione, dato che dove dovrebbero essere in base alle
carte antiche, troviamo niente. Nel territorio circostante Legri
ci sono ancora numerose costruzioni da cui possiamo capire l'architettura
che contraddistingueva le opere del periodo intorno al 1200-1300
nella zona a nord/ovest di Firenze. Alcune di queste chiese ai
giorni nostri, sono state rielaborate come civili abitazioni e
spesso risulta quasi impossibile, per chi vi dovesse passare vicino
senza avere precise informazioni, capire la provenienza storica
delle costruzioni. Altre sono invece in buone ed ottime condizioni
ed alcune tuttora svolgono la propria funzione.
A mo' di esempio per quanto sopra detto, possiamo citare le chiese
di S. Martino e quella di S. Romolo entrambe a Leccio e posizionate
sulla medesima via ed a poca distanza, il che ci fa capire l'intenso
uso che veniva fatto nel Medioevo della strada che, passando per
Legri proseguiva verso il Mugello. Mentre la chiesa di S. Martino
risulta scomparsa,quella di S. Romolo si presenta nel luogo in
cui sorse l'originaria costruzione ed ha assunto il nome di chiesa
di S. Martino e S.Romolo, forse a ricordo di entrambe le chiese.
A nord/ovest di Legri vediamo la chiesa di S. Maria alla Querciola,
nel borgo omonimo, anch'essa di fondazione risalente probabilmente
al 12°/13° secolo. Pur avendo indubbiamente necessità
di alcuni lavori di ristrutturazione, le sue attuali condizioni
sono discrete ed anche in essa vi viene officiata la Santa Messa.
La piccola chiesa di Cupo che possiamo vedere sulla salita che
porta al Poggio Bucaccia, quasi al confine col comune di Barberino,
è ormai in disuso e così pare essere da diversi
anni, almeno dai tempi in cui fu ricostruita la chiesa di S. Stefano
e S. Michele a Secciano, verso il 1820.
Nel campo delle costruzioni di carattere militare, oltre al castello
di Legri, cui sopra accennavamo, la zona ospita altre costruzioni
simili ed anche torri, utili per le segnalazioni in caso di avvistamenti
nemici, nel periodo medioevale. Con una serie di torri di avvistamento,
le segnalazioni su eventuali nemici in arrivo, potevano giungere
dal Mugello fino alla città di Firenze, che era così
in grado di porre in atto le necessarie contromosse.
Il castello di Legri dalla metà del 13° sec. ha visto
ridurre la propria importanza strategica, in virtù della
diminuita importanza della strada per il Mugello che passa da
Legri, a favore di quella oggi detta Barberinese che congiunge
più speditamente Calenzano con le Croci e da qui scende
verso il Mugello ricongiungendosi con l'antica strada di Legri.
Dalla data suddetta gli interventi per la manutenzione del castello
si fecero sempre più radi se si escludono quelli relativi
alla chiesa di S. Pietro ed alle poche case costruite all'interno,
i cui abitanti (come quelli delle case del Borgo Massa, costruite
nei pressi del castello) erano in massima parte contadini dediti
al lavoro nei campi circostanti. Negli anni successivi in seguito
alla ritrovata pace e tranquillità, fu possibile impostare
lavori di rimboschimento nel territorio circostante, non più
soggetto alle battaglie intorno al castello.
Ancor oggi un'immagine classica di Legri, vede il piccolo borgo
sovrastato dal castello e dal torrione costruito nel suo interno,
a testimonianza dell'importanza del castello nella vita del borgo.
Un altro interessante esempio è costituito dal castello
di Leccio, posto sul versante discendente verso Legri dal Poggio
all'Aia, la più alta cima di Monte Morello. Leggermente
più basso di quota rispetto al castello di Legri, raggiunge
i 190 metri s.l.m. . Anche in questo caso si tratta di una costruzione
creata al tempo in cui la strada di Legri per il Mugello era la
più importante. Come la maggior parte delle costruzioni
del circondario è costruito con quello che è forse
la roccia più diffusa nella zona, l'alberese, di cui sono
ricchi i poggi circostanti. Il castello di Leccio segue il destino
di quello di Legri e verso la metà del 13° secolo inizia
anche per questa costruzione la decadenza. In tempi più
recenti ha subìto un deciso restauro che ha riportato alla
luce la solida struttura di alberese.
Fine prima parte.